giovedì 24 gennaio 2013

"La magia nel mondo antico", di Fritz Graf

   La magia nel mondo antico è una monografia sulla ritualità magica d'epoca greco-romana. Aspetto focale del saggio è, a mio avviso, il rapporto che il Graf descrive tra la religione ufficiale e la pratica magico-stregonesca, aspetto cruciale che non riguarda solamente la magia in epoca antica, ma la stregoneria in ogni sua localizzazione spaziale e temporale: religione e pratiche magiche sono legate, ma sono come due linee ondulatorie che si intersecano in certi punti mantenendo però dei percorsi separati.
   La magia e la stregoneria si nutrono della religione ufficiale: ne invocano le divinità, ne ricalcano i rituali; ma se nella seconda, come specifica il Graf, è tutto eseguito in una prospettiva "di elevazione" - un movimento verso l'alto, verso i cieli - nelle prime questo impulso è sovvertito. Ecco quindi che la strega opera quindi "verso il basso", verso le potenze ctonie: è strettamente legata al mondo, alla terra, alle regioni liminari. Non solo: mentre la religione opera in una prospettiva collettiva, sociale, la strega agisce da sola, opera ai margini della società.
    Non stupisce quindi che nel mondo della polis, fortemente gerarchizzato e comunitario, un personaggio che opera in una prospettiva di isolamento sia visto di cattivo occhio, e la stregoneria, in effetti, nella Grecia antica era condannata apertamente. Simile era la situazione a Roma, nonostante l'accusa di stregoneria non fosse grave quanto lo fosse in Grecia. E' una situazione che presenta dei paralleli palesi con l'epoca dell'Inquisizione: le pratiche stregonesche erano - e sono - legate al cristianesimo, ma sono giudicate eretiche perché non conformi all'ortodossia. Pratiche come quelle stregonesche, che esulano dalla morale comune e sovvertono il senso di rassicurazione che la religione conferisce, spaventano, e sono condannate. La strega, figura storicamente collocata in una posizione ambigua all'interno della comunità, è per questo temuta.
   Di questo il Graf fornisce un bel ritratto nel capitolo dedicato alle rappresentazioni letterarie della stregoneria: ecco quindi la Eritto descritta da Lucano, una strega tessala (e quindi straniera, vista la consuetudine di considerare la magia proveniente dall'est, soprattutto dalla Persia), negromante, seguace di Ecate, che pratica i suoi riti divinatori nella piena oscurità della notte, una donna strettamente legata alla morte e al mondo infero tanto che l'erba su cui cammina avvizzisce al solo tocco dei suoi piedi.
   Il ritratto di Lucano è ovviamente fittizio, influenzato com'è dalla visione popolare della figura della strega, ma è inutile negare che le caratteristiche di Eritto sono assolutamente plausibili, soprattutto per quanto riguarda la connessione con le potenze ctonie e con la pratica del "male".
   A questo proposito va citato quello che costituisce il fulcro del libro, ossia il capitolo dedicato alle defixiones: si tratta di maledizioni, legamenti (su questa parola Graf si sofferma a lungo, analizzandone i corrispettivi linguistici greco-romani), formule incise soprattutto su lamine di piombo per cinque scopi principali:
- nuocere a degli avversari in campo processuale;
- effettuare legamenti amorosi;
- nuocere in contesti agonistici;
- nuocere a calunniatori e ladri;
- nuocere a dei rivali in campo economico.
   L'utilizzo delle defixiones era estremamente diffuso, ciò che impedisce di negare che le maledizioni e i legamenti amorosi siano sempre stati parte integrante delle pratiche stregonesche. Anche in questi casi le potenze ctonie accorrevano in aiuto: le lamine venivano nascoste nelle tombe, in modo che il morto fungesse da "messaggero" tra il mago/stregone e le potenze a cui ci si rivolgeva. Si chiamavano in causa Persefone, Demetra, Plutone, Ecate, Ermes, qualunque divinità che avesse una natura ctonia, che fosse collegata con il sottosuolo; e in effetti altri posti favoriti in cui nascondere le defixiones erano i pozzi, le grotte, il fondo del mare, anche questi luoghi sotterranei, in cui la lamina contenente la maledizione aveva ben poche possibilità di essere rinvenuta.
   Molto interessante la disamina della terminologia specifica, che distingue nettamente tra i vari tipi di rituali e gli scopi che si voleva ottenere, nonché tra i vari tipi di magia: abbiamo carmi, veneficii in terra romana, agogai, diabolai, philtrokatadesmoi, pharmakos in terra greca, più tanti altri termini che ad orecchie contemporanee possono suggerire lo stesso significato, ma che allora erano invece ben distinti.